Ho trovato un articolo on-line, sul sito chiamato Civis, che mette in luce le connessioni tra il cammino di Santiago e il Gioco dell'Oca.
Secondo questo articolo, una delle leggende medievali, a proposito del Cammino, narra che le spoglie di San Giacomo Maggiore, dopo il suo martirio, da Gerusalemme, per mezzo di una barca, approdarono in Galizia. Nel 818 d.c. una stella ferma nel cielo indicò il luogo della sepoltura del Santo. Da quel momento il luogo fu chiamato Campo della Stella, da cui il nome spagnolo Compostela. Sopra la tomba fu eretta una cappella e dopo, la comparsa del Santo a guidare i cristiani alla vittoria contro i mori, fu eretto un santuario. S. Giacomo divenne patrono della Spagna e il luogo della sua tomba meta di un pellegrinaggio chiamato il "Cammino di Compostela" o di Santiago. Ma il Cammino di Compostela fu una via di pellegrinaggio molto più antica, percorsa fin dal tempo neolitico da moltitudini di individui che cercavano di ritornare verso la loro "terra", e in cerca di iniziazione. Prima del cristianesimo era denominata: "L'Arcobaleno di Lug" (il dio dei Celti che forse diede il nome alla città di Lugo, antica capitale della Galizia), "La via delle Stelle" e anche "La via delle Oche selvagge".
Secondo questo articolo, una delle leggende medievali, a proposito del Cammino, narra che le spoglie di San Giacomo Maggiore, dopo il suo martirio, da Gerusalemme, per mezzo di una barca, approdarono in Galizia. Nel 818 d.c. una stella ferma nel cielo indicò il luogo della sepoltura del Santo. Da quel momento il luogo fu chiamato Campo della Stella, da cui il nome spagnolo Compostela. Sopra la tomba fu eretta una cappella e dopo, la comparsa del Santo a guidare i cristiani alla vittoria contro i mori, fu eretto un santuario. S. Giacomo divenne patrono della Spagna e il luogo della sua tomba meta di un pellegrinaggio chiamato il "Cammino di Compostela" o di Santiago. Ma il Cammino di Compostela fu una via di pellegrinaggio molto più antica, percorsa fin dal tempo neolitico da moltitudini di individui che cercavano di ritornare verso la loro "terra", e in cerca di iniziazione. Prima del cristianesimo era denominata: "L'Arcobaleno di Lug" (il dio dei Celti che forse diede il nome alla città di Lugo, antica capitale della Galizia), "La via delle Stelle" e anche "La via delle Oche selvagge".
Ma come mai la leggenda cristiana, tra i dodici apostoli, scelse proprio S. Giacomo Maggiore, come "campione", per anteporlo ad una tradizione molto più vecchia? E perchè delle spoglie che prendono mare dalla Terra Santa, affrontano un lungo viaggio, passano l'attuale stretto di Gibilterra, circumnavigando mezza penisola Iberica, per sbarcare in Galizia, quando avevano tutta la costa andalusa ( se proprio erano destinate alla Spagna), molto più vicina.
Le leggende cristiane medievali ebbero origine nei monasteri benedettini dopo la fusione dei monaci Benedettini con quelli irlandesi di San Colombano, gli ultimi detentori del sapere druido, sopravvissuto alla conquista romana.
I monaci irlandesi sono dei costruttori e la loro presenza sul "Cammino di Compostella" è ancora presente, ad esempio, a Lugo e a Pontevedra (Galizia) o a Leyera (Navarra), dove permangono significativi esempi di architettura d'impronta celtica.
Questi monaci costruttori medievali, si riunivano in confraternite, tra le leggende di quest'ultime si narrava di un certo Maestro Giacomo, proveniente dai Pirenei, tagliatore di pietre molto abile, tanto da aiutare Hiram di Tiro nella edificazione del Tempio di Re Salomone, inalzando la colonna Jakin che, in lingua basca, significa "saggio". La confraternita dei costruttori di Compostella era denominata "Figli del Maestro Giacomo" che, pur essendo cristiani, continuavano a seguire le loro antiche tradizioni.
L'emblema con il quale si distinguevano era la zampa palmata dell'oca (la pata del'oca), simbolo del dominio dello spirito sulla materia. Gli antichi popoli navigatori, come gli abitanti di Tartesso, i Liguri ed i Fenici, erano anche conosciuti come i "Popoli dell'Oca". Gli Etruschi-Villanoviani avevano le prue delle loro navi sagomate a forma di collo e testa d'oca, continuando un'antica tradizione dei popoli da cui discendevano (si noti che una radicata tradizione vuole gli Etruschi-Tirreni discendenti dagli Atlantidei). I Liguri adoravano l'Oca sacra e trasmisero quella tradizione ai Romani (vedasi oche del Campidoglio). Quando gli antichi costruttori furono cristianizzati, il Maestro Giacomo, il saggio Jakin, divenne San Giacomo; i Jars (Oche), quelli della confraternita, si chiamarono "i Figli di Maestro Giacomo" ed il simbolo dell'Oca venne sostituito con quello della conchiglia, ornamento del mantello dei pellegrini. Così facendo, era rispettata la tradizione antica lungo la via di Compostela, che in epoca precristiana era chiamata, come già è stato detto: via delle Oche Selvagge (degli Jars liberi).
Tracce dell'antica tradizione, sono rimaste anche in alcune vie dei paesi edificati sul "Cammino" (Calle de los Cisnes Viajeros, Calle de las Oscas Salvajes) e anche nei nomi di località lungo il tragitto. Qui il nome Oca, si presenta in diverse forme linguistiche: AUCH, vocabolo preindoeuropeo, passato attraverso il latino AUCA, poi OCA (AUCHE, OJA, OCA), HAMSA, vocabolo sanscritto, poi latino ANSER (GANSO, ANSO, ANSAR, GANS, JARS). Ad esempio il paese di Ansò, sotto il passo pirenaico Somprt, inizio del "Cammino" francese; Villafranca Monte Ocas, ad Est di Burgos (dove esisteva un'antica e importante precettoria templare); Castrojeriz che anticamente si chiamava Castrojars, a ovest di Burgos; il paese di El Ganso, a sud di Astorga; il paese di Oca, presso l'omonimo valico, da dove si scende a Compostela; San Sebastiano de Oca presso la ria di Noya (vedremo quali implicazioni ha questo nome quando parlerò del libro di Charpentier); ed in fine il monte Aro vicino a capo Finisterre.
Per millenni gli Jars, i costruttori iniziati, percorrevano il tragitto attraverso la Spagna, per recarsi fino alle coste dell'oceano atlantico al fine di studiare i segni sacri incisi sulle rocce della Galizia. Questi risalgono a tempi preistorici, alcuni riproducono i segni di un alfabeto sconosciuto che si ritrovano sulle pareti dei monasteri costruiti lungo il "Cammino"; tra questi la zampa stilizzata dell'Oca, o Tridente. Un altro petroglifo galiziano è visibile sul pavimento di molte cattedrali gotiche: il labirinto, simbolo iniziatico del cammino dell'uomo e della rinascita ad una nuova vita. Anche i costruttori cristiani, i discendenti degli antichi Jars, i "Figli del Maestro Giacomo", seguirono il "Cammino" percorrendo la via del pellegrinaggio fino a dove, secondo la tradizione sbarcarono gli antichi saggi (Noe? Gli Atlantidei?, a proposito di questo argomento vi consiglio di leggere il libro "Le profezie dei Maya" di Adrian G. Gilbert e Maurice M. Cotterel, Edizioni Corbaccio,1996 Milano), che incisero i petroglifi, simbolo del loro sapere.
Ma veniamo al punto, la via iniziatica precristiana delle "Oche selvagge" è stata rapportata al Gioco dell'Oca, i cui inventori erano senza dubbio dei Jars. Esso era più di un passatempo: è un insegnamento esoterico tramandato attraverso il gioco, un rituale di iniziazione mediante il quale si devono superare delle prove per giungere ad uno stato di coscienza superiore. E' un gioco antichissimo, arrivato fino a noi. Una leggenda dice che fu inventato da Palamede, figlio del re dell'Euba e nipote di Nettuno ( anche detto Poseidone che aveva come attributo il "tridente", e che non a caso dà il nome alla capitale della leggendaria Atlantide, Poseidonia), per divertire i guerrieri greci annoiati, durante il lungo assedio di Troia. Il nome Palamede significa: uomo dalla mano palmata. Siamo dunque al cospetto di un Jars che trameste la sua conoscenza all'umanità (in un'altra occasione parlerò dei "Giganti" portatori di conoscenza). Un altra leggenda lo vede importato dai Templari, e proveniente dall'antico Egitto. Qui si chiamava "Nehem - Gioco del Serpente", del resto come per i Galiziani, anche per gli Egiziani si parla di "contatti" con questi portatori di conoscenza ( si pensi ad un "altro" Noè, all'arca, al monte Ar-Arat, anche qui torna fuori l'oca, notate la somiglianza del vocabolo "Aro" con Arat ), per non parlare dell'interesse comune per il dio Serpente, che hanno gli Egizi e le civiltà precolombiane.
Tornando al gioco, ne abbiamo notizia anche in una leggenda romana di cui Ercole è protagonista (per i particolari vi rimando al libro di L. Charpentier, il "Mistero di Compostela", Edizioni L'Età dell'Acquario, 2006 Torino), storicamente lo ritroviamo nel XVI secolo. In Italia, una copia fu donata da Francesco de' Medici a Filippo II d'Asburgo, affascinando tutta la corte spagnola e diffondendosi presto a tutti i ceti sociali della popolazione.
Su un tavoliere è disegnato il tracciato di una via che gira a spirale, circolare o elittica, diviso in 63 caselle numerate, di cui 13 con figure di oche, rappresentanti delle tappe vantaggiose (vedere il post intitolato "Tracce", nella pagina dedicata hai Misteri di Compostela). Lo stesso numero di tappe fu consigliato nel Medievo ai pellegrini che si accingevano a compiere il percorso di Compostela. Altre caselle contengono figure simboliche che comportano delle penalizzazioni. Il riquadro centrale, senza numero, è la meta finale: il Giardino dell'Oca. Si tratta di una via di Oche che, dopo il superamento di ostacoli nella marcia a spirale con giri sempre più stretti, conduce al Giardino dell'Oca, posto di beatitudine fuori del tempo, fisico e metafisico, reale forse alle origini ma ormai soltanto spirituale, assimilabile all'eden, ad Avalon, al Giardino degli Esperidi. Le caselle favorevoli sono quelle delle Oche (Jars, tra un'oca e l'altra ci sono 9 caselle) e dei dadi (Grandi Pietre, le costruzioni megalitiche) che facilitano e indicano le prime, il proseguimento del percorso e lo difendono i secondi. I pericoli in cui si può incorrere sono: il Ponte, gli attraversamenti (casella n.°6); la Casa o Locanda, luogo sicuro e confortevole, dove la determinazione può venir meno e che è sempre difficile lasciare (n.°19); il Pozzo, gli abissi (n.°31); il Labirinto, dove è facile perdersi e dimenticare lo scopo della propria missione (n.°42); la Prigione, dove si è trattenuti contro la propria volontà (n.°52); la Morte, che interrompe il viaggio (n.°58). Ma la Morte come il Labirinto, hanno una doppio registro interpretativo. La prima per l'iniziato è una morte simbolica, una morte che porta ad una nuova vita, infatti il suo pellegrinaggio non termina a Santiago (nel gioco dell'oca di Logrono, la casella identificativa della città, è appunto la n.°58), ma sulla costa atlantica, a capo Finisterre, ultimo lembo di terra, prima dell'oceano, prima del Giardino dell'Oca (regno dello spirito, comunione con gli antenati, arrivo all'Eden, ad Atlantide?). Il Labirinto, rappresenta anche quell'insieme di prove che si devono superare per raggiungere la meta, è simbolo di rinascita, di rigenerazione spirituale, simbolo del viaggio, del pellegrinaggio.
No so se sia possibile stabilire una relazione tra le tappe del "Cammino" e quelle del Gioco dell'Oca, visto più come una rappresentazione simbolica del pellegrinaggio Composteliano. Sta di fatto, che a prova della veridicità che il "Cammino" dei Jars proseguiva oltre Santiago, ci vengono in aiuto le similitudini che, le tappe finali del viaggio, hanno con le caselle finali del gioco dell'Oca. Nella casella n.°54 troviamo un Oca, nella n.°58 la Morte, nella n.°59 ancora un Oca. Se con la prima Oca identifichiamo il paese galiziano di Oca presso il valico omonimo, la Morte con Santiago, in quanto luogo della tomba di S. Giacomo (sempre che esista un corpo del Santo) e l'Oca successiva con il paese di S. Sebastiano de Oca presso la ria Noya ed il Monte Aro, vien da se che il pellegrinaggio degli Iniziati Costruttori, arriva fino a Capo Finisterre.
Il "Cammino", rappresentato simbolicamente dal Gioco dell'Oca, è probabile che fosse un modo per ricongiungersi spiritualmente con un centro di origine della conoscenza, della "luce divina" (Lug, Lux) delle tradizioni. Ma non solo questo, quasi certamente è un percorso reale, seguito per millenni da un'umanità scampata ad un cataclisma enorme, nella speranza di poter tornare verso la terra natia distrutta. La zampa palmata dell'Oca o il Tridente, era il segno di riconoscimento e identificazione di quest'ultimi, la stirpe Atlantidea. Una stirpe, i cui soppravissuti dovettero affrontare un viaggio dove, la parte del "Cammino", non era che l'ultima parte di un tragitto ancora più duro. Lungo di esso parte delle popolazioni scampate al disastro, edificarono città e fortezze; magazzini e mercati, per la sussistenza e gli scambi commerciali; centri di ristoro e riparazione dei mezzi di trasporto, riconoscibili dai nomi cari alla tradizione e dall'identificazione attraverso il simbolo della zampa palmata, la pata del'oca. Come nel Gioco dell'Oca, i luoghi (le caselle), che esponevano questo simbolo, erano quelli dove gli iniziati (gli Atlantidei o i loro discendenti e, in seguito, i Templari, nuovi depositari della conoscenza atlantidea), potevano trovare aiuto durante il viaggio; quelli con le effige dei i Dadi (le pietre Neolitiche), rappresentano i luoghi dove vivono gli Atlantidei ( o i loro discendenti).
Le leggende cristiane medievali ebbero origine nei monasteri benedettini dopo la fusione dei monaci Benedettini con quelli irlandesi di San Colombano, gli ultimi detentori del sapere druido, sopravvissuto alla conquista romana.
I monaci irlandesi sono dei costruttori e la loro presenza sul "Cammino di Compostella" è ancora presente, ad esempio, a Lugo e a Pontevedra (Galizia) o a Leyera (Navarra), dove permangono significativi esempi di architettura d'impronta celtica.
Questi monaci costruttori medievali, si riunivano in confraternite, tra le leggende di quest'ultime si narrava di un certo Maestro Giacomo, proveniente dai Pirenei, tagliatore di pietre molto abile, tanto da aiutare Hiram di Tiro nella edificazione del Tempio di Re Salomone, inalzando la colonna Jakin che, in lingua basca, significa "saggio". La confraternita dei costruttori di Compostella era denominata "Figli del Maestro Giacomo" che, pur essendo cristiani, continuavano a seguire le loro antiche tradizioni.
L'emblema con il quale si distinguevano era la zampa palmata dell'oca (la pata del'oca), simbolo del dominio dello spirito sulla materia. Gli antichi popoli navigatori, come gli abitanti di Tartesso, i Liguri ed i Fenici, erano anche conosciuti come i "Popoli dell'Oca". Gli Etruschi-Villanoviani avevano le prue delle loro navi sagomate a forma di collo e testa d'oca, continuando un'antica tradizione dei popoli da cui discendevano (si noti che una radicata tradizione vuole gli Etruschi-Tirreni discendenti dagli Atlantidei). I Liguri adoravano l'Oca sacra e trasmisero quella tradizione ai Romani (vedasi oche del Campidoglio). Quando gli antichi costruttori furono cristianizzati, il Maestro Giacomo, il saggio Jakin, divenne San Giacomo; i Jars (Oche), quelli della confraternita, si chiamarono "i Figli di Maestro Giacomo" ed il simbolo dell'Oca venne sostituito con quello della conchiglia, ornamento del mantello dei pellegrini. Così facendo, era rispettata la tradizione antica lungo la via di Compostela, che in epoca precristiana era chiamata, come già è stato detto: via delle Oche Selvagge (degli Jars liberi).
Tracce dell'antica tradizione, sono rimaste anche in alcune vie dei paesi edificati sul "Cammino" (Calle de los Cisnes Viajeros, Calle de las Oscas Salvajes) e anche nei nomi di località lungo il tragitto. Qui il nome Oca, si presenta in diverse forme linguistiche: AUCH, vocabolo preindoeuropeo, passato attraverso il latino AUCA, poi OCA (AUCHE, OJA, OCA), HAMSA, vocabolo sanscritto, poi latino ANSER (GANSO, ANSO, ANSAR, GANS, JARS). Ad esempio il paese di Ansò, sotto il passo pirenaico Somprt, inizio del "Cammino" francese; Villafranca Monte Ocas, ad Est di Burgos (dove esisteva un'antica e importante precettoria templare); Castrojeriz che anticamente si chiamava Castrojars, a ovest di Burgos; il paese di El Ganso, a sud di Astorga; il paese di Oca, presso l'omonimo valico, da dove si scende a Compostela; San Sebastiano de Oca presso la ria di Noya (vedremo quali implicazioni ha questo nome quando parlerò del libro di Charpentier); ed in fine il monte Aro vicino a capo Finisterre.
Per millenni gli Jars, i costruttori iniziati, percorrevano il tragitto attraverso la Spagna, per recarsi fino alle coste dell'oceano atlantico al fine di studiare i segni sacri incisi sulle rocce della Galizia. Questi risalgono a tempi preistorici, alcuni riproducono i segni di un alfabeto sconosciuto che si ritrovano sulle pareti dei monasteri costruiti lungo il "Cammino"; tra questi la zampa stilizzata dell'Oca, o Tridente. Un altro petroglifo galiziano è visibile sul pavimento di molte cattedrali gotiche: il labirinto, simbolo iniziatico del cammino dell'uomo e della rinascita ad una nuova vita. Anche i costruttori cristiani, i discendenti degli antichi Jars, i "Figli del Maestro Giacomo", seguirono il "Cammino" percorrendo la via del pellegrinaggio fino a dove, secondo la tradizione sbarcarono gli antichi saggi (Noe? Gli Atlantidei?, a proposito di questo argomento vi consiglio di leggere il libro "Le profezie dei Maya" di Adrian G. Gilbert e Maurice M. Cotterel, Edizioni Corbaccio,1996 Milano), che incisero i petroglifi, simbolo del loro sapere.
Ma veniamo al punto, la via iniziatica precristiana delle "Oche selvagge" è stata rapportata al Gioco dell'Oca, i cui inventori erano senza dubbio dei Jars. Esso era più di un passatempo: è un insegnamento esoterico tramandato attraverso il gioco, un rituale di iniziazione mediante il quale si devono superare delle prove per giungere ad uno stato di coscienza superiore. E' un gioco antichissimo, arrivato fino a noi. Una leggenda dice che fu inventato da Palamede, figlio del re dell'Euba e nipote di Nettuno ( anche detto Poseidone che aveva come attributo il "tridente", e che non a caso dà il nome alla capitale della leggendaria Atlantide, Poseidonia), per divertire i guerrieri greci annoiati, durante il lungo assedio di Troia. Il nome Palamede significa: uomo dalla mano palmata. Siamo dunque al cospetto di un Jars che trameste la sua conoscenza all'umanità (in un'altra occasione parlerò dei "Giganti" portatori di conoscenza). Un altra leggenda lo vede importato dai Templari, e proveniente dall'antico Egitto. Qui si chiamava "Nehem - Gioco del Serpente", del resto come per i Galiziani, anche per gli Egiziani si parla di "contatti" con questi portatori di conoscenza ( si pensi ad un "altro" Noè, all'arca, al monte Ar-Arat, anche qui torna fuori l'oca, notate la somiglianza del vocabolo "Aro" con Arat ), per non parlare dell'interesse comune per il dio Serpente, che hanno gli Egizi e le civiltà precolombiane.
Tornando al gioco, ne abbiamo notizia anche in una leggenda romana di cui Ercole è protagonista (per i particolari vi rimando al libro di L. Charpentier, il "Mistero di Compostela", Edizioni L'Età dell'Acquario, 2006 Torino), storicamente lo ritroviamo nel XVI secolo. In Italia, una copia fu donata da Francesco de' Medici a Filippo II d'Asburgo, affascinando tutta la corte spagnola e diffondendosi presto a tutti i ceti sociali della popolazione.
Su un tavoliere è disegnato il tracciato di una via che gira a spirale, circolare o elittica, diviso in 63 caselle numerate, di cui 13 con figure di oche, rappresentanti delle tappe vantaggiose (vedere il post intitolato "Tracce", nella pagina dedicata hai Misteri di Compostela). Lo stesso numero di tappe fu consigliato nel Medievo ai pellegrini che si accingevano a compiere il percorso di Compostela. Altre caselle contengono figure simboliche che comportano delle penalizzazioni. Il riquadro centrale, senza numero, è la meta finale: il Giardino dell'Oca. Si tratta di una via di Oche che, dopo il superamento di ostacoli nella marcia a spirale con giri sempre più stretti, conduce al Giardino dell'Oca, posto di beatitudine fuori del tempo, fisico e metafisico, reale forse alle origini ma ormai soltanto spirituale, assimilabile all'eden, ad Avalon, al Giardino degli Esperidi. Le caselle favorevoli sono quelle delle Oche (Jars, tra un'oca e l'altra ci sono 9 caselle) e dei dadi (Grandi Pietre, le costruzioni megalitiche) che facilitano e indicano le prime, il proseguimento del percorso e lo difendono i secondi. I pericoli in cui si può incorrere sono: il Ponte, gli attraversamenti (casella n.°6); la Casa o Locanda, luogo sicuro e confortevole, dove la determinazione può venir meno e che è sempre difficile lasciare (n.°19); il Pozzo, gli abissi (n.°31); il Labirinto, dove è facile perdersi e dimenticare lo scopo della propria missione (n.°42); la Prigione, dove si è trattenuti contro la propria volontà (n.°52); la Morte, che interrompe il viaggio (n.°58). Ma la Morte come il Labirinto, hanno una doppio registro interpretativo. La prima per l'iniziato è una morte simbolica, una morte che porta ad una nuova vita, infatti il suo pellegrinaggio non termina a Santiago (nel gioco dell'oca di Logrono, la casella identificativa della città, è appunto la n.°58), ma sulla costa atlantica, a capo Finisterre, ultimo lembo di terra, prima dell'oceano, prima del Giardino dell'Oca (regno dello spirito, comunione con gli antenati, arrivo all'Eden, ad Atlantide?). Il Labirinto, rappresenta anche quell'insieme di prove che si devono superare per raggiungere la meta, è simbolo di rinascita, di rigenerazione spirituale, simbolo del viaggio, del pellegrinaggio.
No so se sia possibile stabilire una relazione tra le tappe del "Cammino" e quelle del Gioco dell'Oca, visto più come una rappresentazione simbolica del pellegrinaggio Composteliano. Sta di fatto, che a prova della veridicità che il "Cammino" dei Jars proseguiva oltre Santiago, ci vengono in aiuto le similitudini che, le tappe finali del viaggio, hanno con le caselle finali del gioco dell'Oca. Nella casella n.°54 troviamo un Oca, nella n.°58 la Morte, nella n.°59 ancora un Oca. Se con la prima Oca identifichiamo il paese galiziano di Oca presso il valico omonimo, la Morte con Santiago, in quanto luogo della tomba di S. Giacomo (sempre che esista un corpo del Santo) e l'Oca successiva con il paese di S. Sebastiano de Oca presso la ria Noya ed il Monte Aro, vien da se che il pellegrinaggio degli Iniziati Costruttori, arriva fino a Capo Finisterre.
Il "Cammino", rappresentato simbolicamente dal Gioco dell'Oca, è probabile che fosse un modo per ricongiungersi spiritualmente con un centro di origine della conoscenza, della "luce divina" (Lug, Lux) delle tradizioni. Ma non solo questo, quasi certamente è un percorso reale, seguito per millenni da un'umanità scampata ad un cataclisma enorme, nella speranza di poter tornare verso la terra natia distrutta. La zampa palmata dell'Oca o il Tridente, era il segno di riconoscimento e identificazione di quest'ultimi, la stirpe Atlantidea. Una stirpe, i cui soppravissuti dovettero affrontare un viaggio dove, la parte del "Cammino", non era che l'ultima parte di un tragitto ancora più duro. Lungo di esso parte delle popolazioni scampate al disastro, edificarono città e fortezze; magazzini e mercati, per la sussistenza e gli scambi commerciali; centri di ristoro e riparazione dei mezzi di trasporto, riconoscibili dai nomi cari alla tradizione e dall'identificazione attraverso il simbolo della zampa palmata, la pata del'oca. Come nel Gioco dell'Oca, i luoghi (le caselle), che esponevano questo simbolo, erano quelli dove gli iniziati (gli Atlantidei o i loro discendenti e, in seguito, i Templari, nuovi depositari della conoscenza atlantidea), potevano trovare aiuto durante il viaggio; quelli con le effige dei i Dadi (le pietre Neolitiche), rappresentano i luoghi dove vivono gli Atlantidei ( o i loro discendenti).